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Leonardo Motzo
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  Leonardo  Motzo,  Generale di Corpo d`Armata
 Leonardo Motzo nasce  a Bolotana nel 1895, il 14 di settembre, figlio di  Motzo Zolo Bachisio  che morirà  nel  ’43  all’età di  88 anni e di Dedola Pintore  Giuseppa Raimonda che scompare nel  ’36  quando aveva solo 71 anni.  Il Generale morirà a Cagliari nel 1971, il 20 di settembre.
Motzo consegue la licenza liceale e nell’imminenza del grande conflitto mondiale viene arruolato nella Brigata Venezia, nell’84° Reggimento come dimostrano alcune immagini dell’epoca; passa subito dopo alla Brigata Reggio, 46° Regg., anche questo passaggio è fissato in alcune rare immagini che lo ritraggono nei primi mesi del conflitto. Proprio nel 46° Motzo viene insignito della prima delle quattro onorificenze conferitegli durante la guerra del  15-18.
 Sul Monte Sief, zona del Col di Lana, dà prova del suo valore di soldato e nei primi mesi del 1916 riceve la Medaglia d’Argento al Valore Militare. Passò  poi, come tanti sardi fecero, alla Brigata Sassari per ricostituirne le forze decimate dai duri scontri con l’esercito austriaco. Sulla Bainsizza, nel 1917, venne nominato Comandante della Compagnia d`Assalto della Brigata, promosso Capitano e insignito della seconda Medaglia d’Argento per gli scontri e le vittorie del 15 e 16 settembre. Ma ancora,  nella "fatale" giornata di Col del Rosso nel 1918, si meriterà una Medaglia di Bronzo, poi infine arriverà anche una croce di guerra al V.M. .

 Leonardo Motzo è "uno che c`era": ovviamente un testimone diretto e sicuramente un protagonista, di quella "guerra dei sardi" presto diventata leggendaria. Scriverà le sue memorie degli anni di guerra intorno al 1930,  proponendosi però di uscire dalla già divulgata memorialistica per arrivare ad un`opera che, costruita sui documenti storici della Brigata, potesse restare nel tempo come la prima, completa narrazione degli eventi e dei sacrifici attraverso cui  erano  passati  i  suoi  uomini e i suoi  reparti, i singoli combattenti non meno che i battaglioni e i reggimenti.

Dopo la Grande Guerra rimase nell’esercito dando così inizio a una lunga e brillante carriera, che lo vide prima rappresentante all’estero del nostro Esercito, per poi far rientro in Italia allo scoppio della Seconda  Guerra Mondiale. Anche in questa grave circostanza Leonardo Motzo diede prova del suo spirito tenace e combattivo,  ma anche personalmente convinto del suo dovere di soldato.

Così ebbe modo di dimostrare durante la ritirata delle truppe tedesche dalla sua amata isola:  “Il colonnello Leonardo Motzo era alla testa di una colonna diretta a La Maddalena per garantire la sicurezza personale degli alti personaggi che dovevano giungere da Roma, e raggiunge in tre giorni, prima del grosso delle truppe tedesche, le posizioni tatticamente importanti tra Aggius e Luogosanto, a nord di Tempio e prima di Bassacutena da cui si dipartono le rotabili per Santa Teresa di Gallura e per Palau. Quelle posizioni costituivano uno stretto e obbligato passaggio, dominato da forre e contrafforti impervi che si prestano mirabilmente alla difesa.
Motzo vi precedette gran parte della divisione tedesca e memore di tempi migliori e consapevole che nessun’altra occasione si sarebbe offerta agli italiani per ottenere una netta vittoria, s’infervorò talmente della sua missione che radunò sui colli nei quali aveva schierato il suo reggimento, le genti di molti paesi della granitica Gallura, galvanizzandole e incitandole ad unirsi ai soldati in una lotta senza quartiere. Il colonnello Motzo contattò con il radiotelefono il comando del XXX Corpo d’Armata chiedendo l’autorizzazione ad attaccare le colonne tedesche in transito nella zona e dirette ai porti per l’imbarco; assicurava che nessun nemico sarebbe andato oltre se gli fosse stata concessa l’autorizzazione richiesta.
 Risposta penosa e incredibile: sua eccellenza dormiva e non lo si poteva disturbare per alcun motivo.
 Una comunicazione successiva precisava però che nessun attacco poteva essere sferrato contro i tedeschi se non previo ordine scritto del comandante del corpo d’armata. Ordine, inutile dirlo, che non arrivò mai. Arrivò invece, personalmente, il generale tedesco per fare rimuovere gli sbarramenti stradali fatti realizzare dal Motzo e per chiedergli come osasse disobbedire ai precisi ordini del proprio comandante di corpo d’armata, delle cui istruzioni il Langerhausen si dimostrò pienamente a conoscenza.

Dai suoi superiori al colonnello Motzo fu mosso l’appunto di essere un irrequieto che non si atteneva alla «disciplina delle intelligenze», espressione eufemistica con cui si mascheravano molti uomini che al posto della spina dorsale avevano dei giunti elastici. Per avere la schiena dritta e la dignità del soldato, il Colonnello Motzo, nel dopoguerra lasciò a domanda l’esercito".

Ma non abbandonò mai  “i suoi ragazzi” rimanendo all’interno delle Associazioni Combattentistiche negli anni  ’50  e ’60, per poi battersi ancora, ma per la ricostituzione della Brigata Sassari.

In questo ambito, sua fu l’iniziativa del grande raduno dei reduci della Brigata Sassari, tenutosi a Sassari il 23 giugno del 1963, di quel grande evento riportiamo il discorso tenuto dal Generale stesso alla presenza del Presidente della Repubblica di allora,  Antonio Segni.

Vi invito  a leggere il pezzo che segue per meglio comprendere il carattere e l’animo dell’uomo, la tempra del soldato, al quale la nostra isola ha avuto l`onore di dare i natali.
________________
Sig. Presidente della Repubblica,
 eccoci qui, noi superstiti della Brigata Sassari, riuni­ti per la prima volta nel 45° annuale della Vittoria di Col del Rosso e di Col d`Echele, fulgidissima vittoria, scelta fra le tan­te gloriose gesta della «Sassari» quale data per la sua festa e, in seguito, dalla Regione Sarda quale data della festa della con­quistata Autonomia.
 Eccoci qui in questa nobilissima città di Sassari che ci con­segnò - racchiuso nel suo nome - il retaggio delle antiche virtù della nostra gente: senso della dignità e dell`onore, senti­mento del dovere, tenace volontà, forza d`animo nelle avversi­tà, vita semplice ed onesta e, sovrattutto, l`amore ardente per la nostra terra mirabilmente congiunto all`amor di Patria.
 E noi Fanti donammo a Te, nobilissima città di Sassari, un`aureola di gloria che i tempi non cancelleranno. Signor Presidente della Repubblica, eccoci qui riuniti per rendere omaggio alla Sua Persona, simbolo vivente della Patria nella quale abbiamo creduto e fermamente crediamo ancora.
 Eccoci qui noi vecchi della Brigata Sassari, davanti alle nostre Bandiere di guerra rese splendenti dal nostro sacrificio e dal nostro valore in tante battaglie che, oggi, il nostro cuore di soldati ricorda con consapevole fierezza: Trincea delle Frasche, Trincea dei Razzi. Ne avevano ten­tato vanamente la conquista Brigate famose: Brigata Regina. Brigata Bologna, Brigata Macerata, Brigata Siena, Brigata Ber­saglieri; le avevano assaltate reparti formati esclusivamente di volontari.
 Vanamente, sempre vanamente. Le tristi trincee si ergevano inespugnabili, protette da pro­fondi reticolati davanti ai quali, in orribile groviglio, giacevano infiniti cadaveri di assaltatori. Trincea delle Frasche, Trincea dei Razzi: le circondava una diffusa leggenda di fatata imprendibilità che pesava paurosa­mente nel cuore del Fante rendendole quasi irreali. Il Comando Supremo aveva grande interesse al loro pos­sesso ed anche la Brigata Sassari fu inviata in linea col compi­to di tentarne la conquista. Attacchi furibondi nei giorni 10, 11, 12 novembre 1915: re­spinti.
Ore interminabili, notti eterne trascorse sotto i reticolati e morti e feriti e assiderati e pioggia e fango e freddo. Situazione insostenibile dalla quale bisognava assolutamen­te uscire. Per uscirne vi era un modo solo: aprire i varchi in quei reticolati maledetti.
 E` l`alba del 13 novembre (la Canzone della Sassari dirà poi : «il 13 novembre — comincia l`epopea — per la Brigata Sassari — che trovasi in trincea); è l`alba del 13 novembre.
 Alcuni Fanti — volontari — tentano l`impresa disperata: emergono dalle nostre trincee e si allontanano, strisciando, verso i reticolati tenendo per i capi i tubi di gelatina esplosiva. Minuti che sembrano secoli... poi... un boato, un altro, al­tri ancora: la muraglia incantata è ferita: i varchi sono aperti e da quei varchi passerà irresistibile l`assalto.
No, non voglio descrivere l`assalto: una sequela di atti di valore incredibili, una sequela di Eroi: Fanti, graduati, sottuffi­ciali, ufficiali. Un rosario di nomi: di morti e di vivi. Non ne citerò alcuno. Quel che invece voglio rappresentare è il valore di tutti, il valore collettivo, il valore senza nomi, il valore del Popolo, del Popolo di Sardegna. Il nemico concentra sulle perdute trincee tutto il fuoco pos­sibile delle artiglierie e delle mitragliatrici del Carso. I proietti si abbattono sulle trincee e sui camminamenti sollevando terra, fango e sassi. La terra trema come scossa da un terremoto: uo­mini e cose sono commisti in una inesorabile volontà di annien­tamento e di distruzione; un caos senza nome e senza colore, una immensa rovina.
 La natura stessa congiura contro i prodi: un`acqua con­tinua, insopportabile; un cielo plumbeo, irato; un freddo che agghiaccia le ossa; un terribile dolore ai piedi che si gonfiano producendo uno strano formicolio in tutta la persona: implo­razioni di feriti, lamenti fiochi di moribondi, lamenti strazian­ti di assiderati. A sostituire i morti ed i feriti sopraggiungono i rincalzi, anelanti, guidati da intrepidi comandanti: ufficiali, sottufficiali, caporali.
 Il Bollettino di guerra del Comando Supremo il 15 novem­bre porta una incredibile novità agli Italiani: un reparto del­l`Esercito additato per la prima volta per il suo valore alla rico­noscenza della Nazione: «Ieri sul Carso il fuoco è continuato ininterrotto e violento. «Gli intrepidi sardi della Brigata Sassari resistettero saldamente sulle posizioni conquistate e, con ammirevole slancio, conqui­starono altro importante trincerone detto dei Razzi».
 L`Italia è attonita ed ammirata; la Sardegna è fiera; i Fanti in trincea stringono i denti e resistono.
 I Fanti ora sono diven­tati un solo masso di granito compatto, una incommensurabile barriera di orgoglio, di dignità, di onore. Ora i Fanti sono "gli in­trepidi Sardi della Brigata Sassari". Per loro un solo comanda­mento: resistere.
 Esso sorge misterioso e tremendo nell`animo del Fante: proviene dalle insondabili profondità dell`anima sarda formatasi attraverso secoli di esaltazioni e di dolori, di eroismi e di sacrifici, di speranze e di delusioni.
Sono l`orgoglio e la fierezza della razza che si rivelano im­provvisi :
 «Chi manchet in noi s`animu
  Chi languat su valore
 Pro forza o prò terrore
 No appas suspettu o Re.
 Solu in sa morte cedere
 Soliat su Sardu antigu
 Ne vivu a s`inimigu
 Cedere appo, eo, o Re».
Intrepidi Sardi della Brigata Sassari! La Sardegna, in mez­zo al suo mare, splende come un faro. La Sardegna... la nostra Sardegna circonfusa di gloria! E` l`aurora... che arde sui graniti.
Intrepidi Sardi della Brigata Sassari!
La fiamma accesa nel cuore del Fante arderà sempre più viva sospingendolo di eroi­smo in eroismo su tutti i fronti «ovunque vi siano sacrifici da compiere e sangue da versare».
 Accenno di volo:
1916: Offensiva austriaca del Trentino. Incombente minaccia di invasione della pianura vicentina. La Sassari accorre dal Carso all`altopiano di Asiago: Mon­te Fior, Monte Castelgomberto, Monte Zebio: «posizioni dalle nostre armi perdute sono dalla Sassari riconqui­state».
1917: Offensiva della Bainsizza. La Sassari conquista la quota 895 sulla Bainsizza portando la vittoria sul più lontano lembo della Patria.
1917: Caporetto. La Sassari è al posto d`onore: estrema retro­guardia dell`Esercito in ritirata. A Codroipo ferma le avan­guardie nemiche lanciate all`inseguimento e passa il Piave al ponte della Priula il 9 novembre, ultimo reparto del­l`Esercito. Il Piave Il nemico è stato fermato ma l`esercito è scosso fin nelle più intime fibre, ma l`Italia è umiliata, avvilita, spa­ventata. Occorre una vittoria. Una luminosa vittoria che ridia vigo­re e fiducia all`Esercito, serenità e speranza alla Patria. Il Comando Supremo decide un`azione offensiva: l`unità da scegliere per attuarla deve essere la più sicura. Viene scelta la Brigata Sassari. La notizia, conosciuta, è accolta dall`Esercito e dalla Nazione con fiducia.
In Sardegna le mamme hanno ricominciato a piangere ed a pregare, i padri fieramente, con occhio asciutto, attendono certi e sdegnosi l’esito della nuova battaglia. Nella Brigata tutti avvertono l`enorme responsabilità della impresa: nell`animo dei Fanti si risveglia più vivo il senso di fierezza, d`orgoglio, di onore. La preparazione materiale e spirituale della battaglia è accu­ratissima.
Compagni d`arme della Sassari saranno il fior fiore dell`E­sercito: bersaglieri, alpini e reparti di Arditi che precederanno le colonne di assalto. La Sassari sarà al centro dello schieramen­to, al posto più impegnativo: Col del Rosso, Col d`Echele. Alti ufficiali alleati (francesi, inglesi, americani) assistono all`azione.
28 gennaio 1918: Col del Rosso e Col d`Echele. Dei 6.000 della Sassari, nessuno il 28 gennaio chiede visita medica. Ore 6,30. improvviso e furioso si scatena il fuoco delle arti­glierie sulle posizioni nemiche. Ore 9,30: le artiglierie allungano il tiro: «Avanti! Avanti!».
I Fanti corrono, ansanti, fra la polvere ed il fumo. Il 151 deve conquistare Col del Rosso: il 152 Col d`Echele. Il 151 conquista d`impeto la prima linea nemica: bisogna però occupare il pianoro e, sulla sinistra, bisogna conquistare Col Melaghetto posizione più distante e importantissima. Dopo mezz`ora di furiosi combattimenti il 151 raggiunge tutti gli obiettivi.
Il Col Melaghetto viene occupato da un plotone di volontari formato da ragazzi del `99, solo da pochi giorni arrivati dalla Sardegna. Il 152 supera di slancio la prima linea sul Col d`Echele ma è poi fermato con gravissime perdite dal fuoco di mitragliatrici postate in caverna che si svelano all`improvviso. I Caduti della Brigata sono numerosi e numerosissimi i feriti: feriti sono anche 4 dei 6 comandanti di battaglione. A sinistra e a destra l`assalto dei bersaglieri e degli alpini è fallito.
Ore 10,30: contrattacco nemico sul Col del Rosso: il 151 viene respinto alle trincee di partenza. Solo i ragazzi del `99 resi­stono a Col Melaghetto completamente circondati. Sono uno scoglio sperduto nel mare tempestoso della battaglia, uno scoglio insormontabile contro il quale l`onda dell`assalto urta e s`in­frange.
Ore 11,30: si tenta di ristabilire la situazione sul Col del Rosso. II Comandante del 151 accorre alla trincea di partenza, si mette in testa ai suoi e si lancia all`assalto. Una granata nemica lo colpisce sfracellandolo orrendamente. Le truppe retrocedono.
Ore 12. Le colonne d`attacco sono tutte ferme, inchiodate alle trincee di partenza come alle ore 9.
Unica eccezione: i ragazzi del `99 che resistono sul Col Melaghetto. Sono in pochi ormai, sempre più pochi: partiti in 43 ritor­neranno in 19. Questi ragazzi, in una sola giornata, sono passati dall`oblio alla storia. I veterani delle cento battaglie della Sassari, non so­no più gloriosi di questi fanciulli che combattono solo da poche ore. D`onde traggono questa incredibile forza morale?
 Lo so, si, io lo so: sono appena giunti dalla Sardegna e dalla nostra terra hanno portato fresca, pura, genuina la vecchia linfa della stirpe.
Ma non basta: questa capacità di sacrificio, questo eroismo sono del tutto straordinari. D`onde dunque questa forza sovrumana?
Rispondete Voi, giovani Fanti che stretti nei ranghi, belli, forti, fieri, militate ora sotto le Bandiere della Patria.
Rispon­dete Voi, giovanissimi non ancora soldati, Voi contadini. Voi pa­stori, Voi minatori, operai, studenti, artigiani, rispondete Voi e dite che il valore dei giovani di Col Melaghetto è dovuto ai gene­rosi ideali, alle forze eterne dello spirito che costituiscono la vera bellezza della giovinezza, la vera grandezza dell`uomo, sia che debba immolarsi per la difesa della Patria, sia che debba difendere la libertà della Persona umana, sia che debba volare fra le stelle.
Dite che siete della stessa pasta dei ragazzi di Col Melaghetto. I vecchi della Brigata Sassari, o giovani, hanno in cuore la certezza che la Patria può fare sicuro assegnamento su dì Voi, che Voi siete degni eredi dei generosi ideali e del sacrificio dei giovani di Col Melaghetto.
Dalle ore 12 alle ore 14 le nostre colonne d`attacco vengono riordinate e rinforzate mentre le artiglierie riaprono il tiro sulle posizioni nemiche. Ore 14,15: le artiglierie allungano il tiro e le colonne d`attac­co si lanciano nuovamente sulle contese trincee. II 151 riconquista Col del Rosso; il 152 occupa Col d`Echele. Le perdite sono gravissime: fra gli altri muore il Sindaco di Nuoro, quarantenne sottotenente della territoriale.
Ma la Sas­sari, l`eroica Brigata Sassari, ha raggiunto tutti gli obiettivi.
 A sinistra e a destra bersaglieri e alpini sono sempre inchio­dati nelle trincee di partenza e i Monti Valbella e Case Ruggi ver­ranno conquistati il giorno seguente. Nelle posizioni conquistate dalla Sassari ricomincia l`eterna vicenda dei giorni di battaglia: il bombardamento nemico sicuro indizio del prossimo assalto. Il primo assalto infatti si sferra alle 16,15: respinto. Nuovo bombardamento e nuovo assalto alle 17: respinto.
Ore 17,30: dopo intensa preparazione di artiglieria, ecco un terzo assalto condotto con forze ingenti. Le nostre mitragliatrici aprono vuoti spaventosi fra le file nemiche ma non valgono a fermarle. Vengono, vengono, impetuosamente, con un valore che farebbe onore ad ogni truppa. Ad un certo momento la nostra colonna di sinistra di Col del Rosso comincia a cedere. Il nemico se ne accorge e insiste fieramente nell`attacco. Altre masse nemi­che premono di fronte, da Val Scura e da Val Fontana, coraggiosamente, incuranti delle perdite. Su tutta la linea c`è un momento di esitazione, come di sosta, poi i Fanti cominciano a ripiegare da Col del Rosso.
E` il mo­mento critico, decisivo. Se riperde le posizioni, la Brigata, non avrà più la forza, dopo tante perdite, di riconquistarle. Un incredibile martellamento al cuore, un`ansietà, una ten­sione enorme è in tutti. Sembra che non si possa più resistere al nemico che ormai ha superato la salita e mette piede sul Col del Rosso. Il Fante è smarrito, si difende ancora bene ma piega, piega lentamente, con ostinazione, ma piega. Un hurrà poderoso risuo­na nell`aria grigia: è il nemico trionfante, sicuro della vittoria.
All`hurrà risponde un altro grido: il grido dei momenti di esaltazione e di disperazione, il grido dell`orgoglio e della supre­ma invocazione:  « Avanti Sardegna, Avanti Sardegna ».
Una voce grida la magica parola: il grido si ripercuote ingi­gantito dai monti. Lo spettacolo è maestoso: tutto ora è in movimento: le rocce, le trincee, i camminamenti, le buche improvvi­samente diventano cose animate. Tutti, tutti questi Fanti sorgono in piedi, si slanciano, corrono, si urtano contro gli austriaci che affrontano con furore, armati solo della baionetta e di questo grido irresistibile, poiché bombe a mano non ne hanno più: Avan­ti Sardegna, Avanti Sardegna.
Il nemico, sorpreso, non ha tempo di riprendersi: il nemico esita, tentenna, si scompone e poi, volta le spalle, fugge, fugge, giù per il ripido costone inseguito con la baionetta alla schiena. La «Sassari» è definitivamente padrona delle posizioni: la vittoria brilla nuovamente luminosa sull`Esercito e una luce di speranza rischiara il volto della Patria.
Avanti Sardegna, Avanti Sardegna. Anche oggi la Sardegna è impegnata in una grande, difficile battaglia: la Rinascita. Vincerà questa battaglia?
Deve vincerla perché da questa vittoria dipenderà l`avvenire dei figli e dei figli dei figli. Ma le battaglie le vincono i giovani, guidati da quadri consapevoli, preparati, onesti.
Dove sono questi giovani? Dove sono i figli, i nipoti degli intrepidi Sardi della Brigata Sassari?
Ella lo sa, Signor Presi­dente: i giovani figli di Sardegna a decine di migliaia sono lon­tani dalla loro terra, dispersi nel mondo alla ricerca di una vita più umana, più decorosa, più degna.
Occorre richiamare a qualunque costo i giovani allontana­tisi dalla Sardegna: la Rinascita richiede la valorizzazione di tutte le energie e di tutte le capacità dei Sardi in tutti i campi. Questa civile battaglia della rinascita - sogno e sangue del combattenti di Sardegna - si vincerà solo a condizione che riviva nei Sardi di oggi lo spirito della vecchia «Sassari»: consape­volezza, preparazione, capacità, rettitudine dei Capi; senso del dovere, tenace volontà in tutti: bando agli egoismi e alle cupi­digie, bando alle fazioni e alle consorterie e soprattutto sincero, geloso amore per la nostra terra.
Battaglia del Piave: giugno 1918. Tutto l`Impero Austriaco con tutte le sue possibilità è proteso alla vittoria decisiva. Tutta l`Italia con tutte le sue forze è impegnata nella difesa. Alla «Sassari» viene assegnato il settore di Losson, posizione chiave della resistenza nella sterminata battaglia: cadeva Losson ed era il varco, si apriva il varco ed era l`irruzione.
 Il 20 giugno 1918 il Caposaldo di Losson fu conquistato e riperso quattro volte. Ecco il bollettino di guerra, che segnala nuova­mente i Sardi alla gratitudine della Nazione: «L`avversario tentò una forte azione contro Losson. Arrestato una prima volta dal vostro fuoco rinnovò per ben quattro volte l`attacco finché esausto per le perdite eccezionalmente gravi subite, dovè cedere di fronte all`incrollabile valore dei Sardi della Brigata Sassari».
VITTORIO VENETO
La motivazione della seconda Medaglia d`oro concessa alle Ban­diere dei due reggimenti sintetizza l`azione della «Sassari» in questo modo: «Nella battaglia della riscossa non conobbero limiti nell`inseguire il nemico». La guerra è finita: la vittoria della Patria è splendente: «I resti di quello che fu uno dei più potenti eserciti del mondo risalgono in disordine e senza speranza le valli che avevano sceso con orgogliosa sicurezza».
Ecco in cifre il contributo della «Sassari» alla vitto ria. della Patria:
Caduti in combattimento: Ufficiali 547 Sott. e truppa 11.876. 4 citazioni all`Ordine del giorno dell`Esercito. 2 Ordini militari di Savoia 4 medaglie d`oro alle Bandiere.
E i vivi? Fra pochi minuti i vivi, i superstiti, sfileranno da­vanti a Lei, sig. Presidente.
Non tutti son potuti venire oggi a Sassari: i più vecchi, i più malandati son dovuti rimanere nelle loro case a rimpiangere la mancata presenza a questa grande giornata sassarese.
Alcuni giorni or sono mi son recato in un paese della Sar­degna per sollecitare - dal Presidente della Sezione del Fante - un vecchio caporale della «Sassari» ferito e decorato al VM., l`elenco dei «sassarini» che intendevano partecipare al Raduno. Entro in casa. Casa? Una vecchia catapecchia sgangherata.
Attraverso la fioca luce che penetrava da una piccola finestra vedo qualche cosa muoversi, agitarsi ed infine emergere una figura da un mucchio di stracci che coprivano malamente un pagliericcio che poggiava su quattro rozze tavole. «Signor generale, mi scusi. Sono ammalato: sa, i dolori reu­matici e la ferita che mi fa male: non posso muovermi. Ma... ora mi alzo, mi alzo, dovessi morire le assicuro che avrà l`elenco dei nostri vecchi della «Sassari».
Uscii da quella casa avvilito, umiliato, sdegnato: mi sentivo responsabile, quale facente parte della cosiddetta classe dirigente della Nazione, dello stato di abbandono e di autentica miseria in cui si trovava quel soldato che avevo conosciuto - pieno di vita e di ardire - nella sua giovinezza quando generosamente e semplicemente offriva alla Patria la sua vita.
Da alcuni anni giace in Parlamento un progetto di legge per concedere, come hanno fatto già gli altri Paesi, una modestissi­ma pensione (5.000 lire mensili) ai combattenti della guerra 1915/18 nella enorme maggioranza poveri, vecchi, ammalati. Questi vecchi combattenti non è una elemosina che chiedono, ma un diritto che rivendicano: i legislatori non devono assoluta­mente differire più oltre l`approvazione di questo già troppo annoso progetto di legge, ripetutamente promesso, e che con­correrebbe a ridare vigore a certi insostituibili valori morali, oggi assai in ribasso nel nostro Paese.
Sig. Presidente della Repubblica, sfileranno oggi davanti a Lei non soltanto i Sardi. Essi saranno preceduti da altri «sassarini» cari a tutti gli Italiani, e a noi Sardi, carissimi: una rappresentanza di Reduci Triestini della «Brigata Sassari». Terminata vittoriosamente la prima guerra mondiale, la «Sassari» fu destinata a Trieste.
Che giornata, sig. Presidente, quella dell`ingresso della «Sas­sari» in Trieste Italiana: le strade coperte di fiori e una folla, una folla compatta, assiepata lungo le strade, lungo le rive e applausi ed evviva che arrivavano al cielo. Si camminava a stento, fra quella folla immensa. Piazza dell`Unità: inaspettato, improvviso il suono a festa delle campane di San Giusto e poi, fatto nuovo, incredibile, le ragazze di Trieste, rotti i cordoni, travolte le transenne, a frotte si affiancano ai piccoli fanti di Sardegna, li prendono a braccetto e avanti, tutti insieme, cantando e piangendo.
Fanti e Popolo: una cosa sola, un`anima sola, su, su fino alla cella di Oberdan. La Patria, signor Presidente, la Patria non parola astratta ma cosa viva, reale, vitale; la più viva, la più reale, la più vitale delle cose. Oggi la Brigata Sassari ricostituita è divisa fra la Sardegna e Trieste: un arco ideale, più consistente di qualsiasi arco ma­teriale, perché costruito con valori eterni, cementato dal puris­simo sangue degli eroi del Risorgimento e dei 700.000 Caduti del Carso, del Piave, delle Alpi.
Che a nessuno sia permesso, per qualsiasi motivo e sotto qualunque pretesto, di attentare o com­promettere questa sacra unità della Patria, con secolari sforzi conseguita. Questa non è vana retorica, né deteriore nazionalismo. Ella, sig. Presidente della Repubblica, sa, al contrario, che se vi sono stati soldati al mondo che si sono battuti non per insano desiderio di conquista ma spinti da profondo senso del dovere e dell`onore e da inestinguibile volontà di libertà e di giustizia, questi sono i soldati della Sua terra, dolorante per secolari ingiu­stizie ed oppressioni.
Ella, Sig. Presidente della Repubblica, sa, che nessuno più de­gli autentici combattenti vuole ardentemente due cose grandis­sime, di cui Ella è uno dei più genuini e autorevoli assertori nel mondo: la creazione della grande Patria europea e l`instaurazio­ne di una pace con giustizia, bene supremo dell`umanità.
Questi sono certamente anche i sentimenti di tutti gli Ita­liani i quali hanno piena fiducia in Lei, supremo interprete e tutore delle fortune della Patria La ringrazio, Sig. Presidente, per aver voluto onorare della Sua presenza questo Raduno degli «intrepidi sardi della Brigata Sassari» dei quali Ella è oggi la sintesi più nobile e più alta.

è un'idea di Roberto Pilia
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